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Stiamo parlando di un mondo reale che funziona da almeno cinque anni (“almeno”)  in modo totalmente diverso di quello ai cui tempi la quasi totalità dei “managers” è stata assunta o, più solitamente “promossa”, in azienda.

Un mondo in cui le cose avvengono in tempo reale, si propagano in tempo reale, si misurano in tempo reale; in cui la gente comunica e reagisce in tempo reale, condivide in tempo reale, verifica in tempo reale. In cui la disintermediazione è la norma.

Un mondo in cui l’urgenza si è spostata dal decidere “cosa fare”, al “fare le cose” (“sbaglia, ma fai qualcosa e fallo sapere”).

Un mondo in cui, da un pezzo, non si tratta più di far fare a persone cose che non vorrebbero fare, ma di andare in avanscoperta con poche persone e pochi mezzi per imparare quali cose nuove sono da fare.

Un mondo reale in cui sapersi occupare di “contenere i costi” vale tanto quanto saper leggere e scrivere: il minimo sindacale per stare al mondo, non solo in azienda.

Che senso ha in un mondo così la permanenza in azienda (in aziende magari di 50 collaboratori) di una categoria novecentesca come quella “del manager”?

Con quali obiettivi e con quali attività peculiari?

  • passare di mano comunicazioni, parziali di solito, e tiepide, a “subordinati”?
  • gestire malumori dei propri collaboratori?
  • prendersi cura del proprio ruolo aziendale?
  • confezionare e somministrare visioni aziendali ad uso e consumo del quieto vivere del proprio staff?

Tutto qua?

Ma per tutto ciò non basterebbe installare Trello, Slack ed un forum aziendale? E con  i soldi risparmiati iniziare sul serio a fare le cose, dandone risorse, facoltà e responsabilità  a chi le deve e le sa fare sul serio? Ed assumendosi la responsabilità di sceglierle anche se apparentemente scomode?

Oppure possiamo continuare a fissare riunioni su outlook ed a parlarci addosso con sussiego mentre Amazon e Facebook terminano di comperarsi il mondo.

 

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